Pausa.
- Narima Zimbaldi
- 23 mar 2024
- Tempo di lettura: 4 min
La necessità di scrivere a volte arriva improvvisamente quando ho mille parole che girano per la testa, si ripetono, scorrono, si accalcano riempiendo spazi che vorrei restassero vuoti. In quel momento, quando sono satura di pensieri, capisco che li devo lasciar scorrere, nero su bianco, o non mi lasceranno respiro.

Di cosa parleremo oggi? Di tutto. E di niente.
Del mio lavoro da libera professionista, del mio ruolo di madre, dei momenti sì e dei momenti no.
“Tutto scorre” diceva qualcuno (sì, un filosofo lo so ma non chiedetemi quale) ma l’unica cosa che scorre in me in questo periodo sono litri di caffè, ansie e imprecazioni. Sul lavoro potrei anche non aver molto da dire, procede come può procedere una neo attività da sei mesi a questa parte; piccole grandi soddisfazioni, ansie, progetti, certezze e incertezze.
Come sapete alcuni giorni a settimana lavoro in un negozio di fotografia.
Ciò che mi piace? Le signore che, per fare una fototessera che finirà con l’essere stampata in bianco e nero nella dimensione di due centimetri o forse meno, vengono in negozio vestite da festa, truccate e fresche fresche di parrucchiera, si guardano allo specchio per un’ultima sistemata e dicono “ormai sono vecchia!” e nella mia mente penso “cara signora, vorrei arrivare alla sua età con la sua stessa eleganza e prontezza di spirito”. Mi piace aver cura del negozio; riordinare, sistemare le vetrine, controllare le cornici (di cui non ricordo mai misure e prezzi), dividere gli ordini in modo da avere l’impressione di poter creare un flusso di lavoro ma che in realtà non esiste.
Mi piacciono le pause caffè alla torrefazione a fianco dove mi sento un po’ viziata e coccolata.
Cosa non mi piace? La cassa. Io e la matematica non andiamo d’accordo dalle elementari ma questa cassa non sa nemmeno suggerire. Non mi piace la gente poco educata (questo un po’ in tutti i contesti della vita) che probabilmente pensa alle parole “grazie” e “buona giornata” come forma di oppressione e schiavismo. Non mi piace quando piove e la gente usa il porta ombrelli come cestino per scontrini, fazzoletti, libri, case, auto, fogli di giornale.
È un lavoro che mi da soddisfazione? Sì ma non è il lavoro in sé a darmene quanto il rapporto di fiducia, stima e rispetto reciproco che si è creato.
E il mio lavoro da freelance? Mi da tante ansie ma in questi pochi mesi mi ha già dato le giuste soddisfazioni.
Non ho la pretesa di arrivare in alto ancora prima di partire; amo le partenze lente, mantenendo la maggior parte delle mie incertezze, dei miei “e se” che poi supero brillantemente. Livello autostima? Al minimo come sempre ma quando poi riesco in qualcosa mi ritrovo a pensare che forse mi sbagliavo a dubitare così tanto di me stessa anche se poi, puntualmente, al lavoro successivo riparto da capo.
Non sto facendo formazione di alcun tipo perché, come già sapete, non mi so organizzare ma sto imparando sul campo; fotografia, tipografia, materiali, costi, sono tutte cose che imparo e conosco lavorando un po’ come ho sempre fatto. Posso dire di aver sempre preferito il pratico allo studio.
E, in tutto questo, la vita da mamma? Mi sembra di camminare in un campo minato. Un figlio di tre anni che mi riempie di tante soddisfazioni; è sveglio, attento, impara in fretta, parla un sacco e fa ragionamenti che a volte mi stupiscono, è dolce (quando vuole) e sa far commuovere. Dall’altro lato, però, mi fa prendere sempre più coscienza di quanto è difficile essere genitore; crisi di pianto irrefrenabili che partono da una piccolezza, fissazioni, malanni, lotte continue per caratteri differenti… insomma, un po’ dottor Jekyll e mister Hyde ma succede sempre in una frazione di secondo e riuscire ad accorgersi in tempo non è mail facile.
Spesso mi sento “sbagliata” perché mi sembra di non riuscire in questo ruolo, di non essere abbastanza o di essere in difetto. Altre volte mi rassicuro e penso che poi, tutto sommato, sto facendo un buon lavoro; lo penso quando le maestre mi dicono che per la sua età è molto sveglio, quando andiamo a comprare il pane e dice sempre “grazie” e “arrivederci”, quando lo vedo impegnato a colorare dentro alle righe, quando spalma da solo la marmellata sulle fette biscottate, quando invece dei cartoni preferisce giocare a creare qualcosa e si inventa delle storie, quando la sera lo vedo scegliere il libro prima di dormire.
Sono tante piccole cose che non sempre mi bastano a non sentirmi arrabbiata o frustrata nelle giornate no ma che poi, nelle giornate in cui riesco a essere un po’ più obbiettiva, mi fanno dire che ce la sto facendo nonostante tutto.
La mia scelta di diventare libera professionista è dovuta a un insieme di fattori ma di certo non al fatto che “beh dai, così riesci a gestire meglio il tempo e a trovare momenti per te”. No. Assolutamente no perché trovo ancor più complicato riuscire a gestire il tempo nelle infinite cose che ho da fare forse proprio perché, avendo tempo, cerco di fare sempre il più possibile per la mia famiglia.
E, per concludere, alla domanda “sei felice?” rispondo che no, non sono felice perché la felicità non è una costante ma ora so riconoscere e godermi ogni singolo momento di felicità.
"So essere flessibile. Finchè tutto è esattamente come voglio io, sono assolutamente flessibile".
(Lorelai Gilmore)
La foto di copertina è una colazione di Bram pasticceria e gelateria
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